Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale Italiano

È stato presentato ieri alla Camera dei Deputati presso la Sala della Regina, il terzo Rapporto sul Bilancio del sistema previdenziale italiano: andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza. L’elaborazione dei dati e la redazione del Rapporto è stata curata dal Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali con la supervisione del Comitato Tecnico Scientifico. Il Rapporto, come tradizione, è stato presentato al Governo e al Parlamento; sono intervenuti il Vice Presidente della Camera dei Deputati, On. Simone Baldelli, il Presidente della Commissione Lavoro della
Camera dei Deputati, On. Cesare Damiano, il Sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Sen. Massimo Cassano, e il Vice Ministro dell’Economia e Finanze, On. Enrico Zanetti.


La terza edizione del Rapporto sul “Bilancio del sistema previdenziale italiano” consente una visione d’insieme del complesso sistema previdenziale del nostro Paese, analizza la spesa per pensioni, quella assistenziale, le prestazioni a sostegno del reddito e quella sanitaria; fornisce altresì una riclassificazione della spesa (con ripartizione assistenza e pensioni) inserita nel più ampio bilancio dello Stato.

Sulla base dei dati dei bilanci consuntivi forniti dagli Enti di Previdenza, sono illustrati gli andamenti della spesa pensionistica, delle entrate contributive e dei saldi delle differenti Gestioni pubbliche e privatizzate che compongono il sistema pensionistico obbligatorio del nostro Paese dal 1989 al 2014.

Tra le novità, nel 3° Rapporto al fine di completare il quadro previdenziale sono riportati alcuni dati relativi ai “vitalizi” dei parlamentari italiani ed europei e dei consiglieri regionali, nonché le prestazioni a favore dei dipendenti degli organi istituzionali tra cui la Corte Costituzionale, la Presidenza della Repubblica, la Camera, il Senato e altre istituzioni come la Regione Sicilia.

Sono inoltre indicate alcune proposte per rendere più efficiente e sostenibile il nostro sistema di welfare. I dati principali sono i seguenti: anzitutto, a differenza di quanto spesso si afferma, nel nostro Paese la spesa per il welfare, pari per il 2014 a 439,366 miliardi di euro, incide per il 53,18% sull’intera spesa statale comprensiva di interessi sul debito pubblico (826,262 miliardi), e per il 57,7% al netto degli interessi (tra i maggiori responsabili del debito pubblico è proprio la somma dei disavanzi annui della spesa pensionistica e assistenziale).

 Si tratta di una spesa difficilmente sostenibile negli anni a venire e che comunque già ora limita gli investimenti pubblici in tecnologia e ricerca e sviluppo, unica via per garantire la competitività del Paese e un futuro più favorevole per le giovani generazioni, già gravate da un abnorme debito pubblico. Interessante è il rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e numero dei pensionati: in pratica ogni pensionato (ogni testa) riceve in media 1,434 prestazioni, il che porta la pensione media da 11.695 euro annui a 16.638 euro, ben al di sopra dei mille euro al mese.

 Altro dato fondamentale per la tenuta del nostro sistema pensionistico, che funziona secondo lo schema della “ripartizione”, è il rapporto tra occupati e pensionati, che nel 2014 è pari soltanto a 1,379. Infine, il rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e popolazione indica che è in pagamento una prestazione ogni 2,607 abitanti; in pratica una prestazione per famiglia, il che fa capire quanto sia sensibile l’argomento pensioni.

Nel 2014 la spesa pensionistica relativa a tutte le gestioni (al netto della quota GIAS) è stata pari a 216.107 milioni di euro, con un aumento rispetto al 2013 dello 0,69%; le entrate contributive, comprensive dei trasferimenti per coperture figurative, sgravi e agevolazioni contributive pari a 16.948 milioni (escluso il contributo aggiuntivo di 10.800 milioni di euro a carico dello Stato, di cui alla legge n. 335/1995, destinato al finanziamento della CTPS, Casse Trattamenti Pensionistici degli Statali), sono risultate pari a 189.595 milioni di euro, rispetto ai 189.364 milioni del 2013 (con un lievissimo incremento dello 0,12%), evidenziando così un saldo negativo tra contributi e prestazioni di 26.512 milioni (in crescita del 4,95% rispetto al disavanzo di 25.262 milioni di euro del 2013).

 Le gestioni in attivo sono solo 3 a livello INPS: la gestione Commercianti con 521 milioni, la gestione dei Lavoratori dello Spettacolo con 279 milioni e la gestione parasubordinati con 6.943 milioni; presentano un attivo di bilancio tutte le Casse dei liberi professionisti (con l’eccezione dell’Inpgi e della Cipag), con un saldo positivo di 3.364 milioni di euro.

Senza questi attivi, il passivo generale di bilancio sarebbe passato a 37,619 miliardi. Le gestioni che hanno avuto i più alti passivi sono: la gestione dei Dipendenti Pubblici con un passivo di 26.875 milioni di euro, la gestione ex Ferrovie dello Stato che presenta per il 2014 un pesante saldo negativo di 4.233 milioni di euro; la Gestione Artigiani che presenta un saldo negativo di 3.541 milioni di euro; la gestione Coltivatori Diretti, Coloni e Mezzadri che presenta un saldo negativo di 3.146 milioni.

La spesa per pensioni di natura previdenziale. Se alle entrate contributive totali, pari a 189.595 milioni di euro, sottraiamo la quota GIAS a carico dello Stato (16.948 miliardi), le entrate da contributi effettivi (da lavoratori e datori di lavoro) si attestano a 172.647 milioni. Parallelamente, se alla spesa pensionistica totale (216.107 milioni di euro) sottraiamo le imposte che lo Stato incassa direttamente (salvo ulteriore conguaglio a fine anno) pari a 42,9 miliardi, che quindi sono semplicemente una “partita contabile di giro” e una “non spesa”, il totale si riduce a 173.204 milioni. A questa cifra, se separassimo l’assistenza dalla previdenza, dovremmo sottrarre anche l’importo delle integrazioni al minimo (9.894 milioni di euro), essendo queste dipendenti dal reddito e non dal sistema di contribuzione (nella spesa per funzioni Eurostat dovrebbero essere computate tra le somme a sostegno della famiglia e di contrasto all’esclusione sociale), e la spesa per pensioni previdenziali si attesterebbe a 163.310 milioni. Trascurando le integrazioni al minimo scopriamo, pertanto (e qui sta la notizia), che il bilancio previdenziale presenta un leggero passivo di 560 milioni di euro, a dimostrazione del fatto che il nostro sistema grazie alle numerose riforme che si sono susseguite nel corso degli ultimi anni è stato stabilizzato e messo in sicurezza. In rapporto al PIL, dunque, la spesa pensionistica effettiva - così come sopra calcolata - si riduce dal 15,46% al 10,06%, allineandosi agli altri Paesi UE.

La spesa per l’assistenza. L’insieme degli interventi assistenziali ha riguardato 3.964.183 soggetti, per un costo totale annuo di 20,780 miliardi (20,723 nell’anno precedente). In questi ultimi 4 anni sono in continua crescita le pensioni di invalidità civile (+ 50 mila) e le indennità di accompagnamento (+ 102 mila), di cui hanno beneficiato nel 2014 rispettivamente 891.062 e 1.994.740 soggetti. In crescita anche le pensioni e gli assegni sociali (845.8249), mentre le pensioni di guerra, in calo fisiologico, si attestano a 88.810 dirette (che da quest’anno comprendono anche gli indennizzi della legge n. 210/92) e 143.747 indirette. A questi vanno aggiunte le altre prestazioni assistenziali che nel 2014 sono tutte in calo rispetto agli anni precedenti: a) l’importo aggiuntivo delle pensioni, a favore di 637.547 titolari di pensioni al di sotto del trattamento minimo (quasi il 70% donne), per un costo di 97,3 milioni di euro; b) le pensioni con maggiorazioni sociali per livelli reddituali bassi; 998.012 prestazioni di cui circa il 70% erogato a donne, con importi medi annui di 1.491 euro e un costo totale di 1,488 miliardi; c) l’importo aggiuntivo, la cosiddetta quattordicesima, per i titolari di pensione con 64 anni e più il cui reddito complessivo non supera 1,5 volte il trattamento minimo del FPLD, per complessivi 2.199.756 di prestazioni, in calo rispetto agli anni precedenti, un importo medio di 394 euro (beneficiari per il 77% donne) e un costo totale di 867,4 milioni di euro; d) le integrazioni al minimo i cui beneficiari sono 3.469.254, per un costo totale di 9,894 miliardi (in calo nei 4 anni).

 L’insieme di questi trattamenti nel 2014 ha riguardato 3.964.183 di beneficiari per le prestazioni assistenziali pure e 4.467.266 per le integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali, per un totale di 8.431.449 (in riduzione nei 4 anni), ovvero ben il 51,85% dei pensionati, per una spesa totale (comprensiva di disavanzo di gestione e GIAS) di 119 miliardi, circa il 68% della spesa pura per pensioni.

È questo il fronte di spesa che deve essere messo sotto controllo e razionalizzato, contabilizzando anche gli oneri degli enti locali che al momento si possono solo stimare, in carenza di un quadro contabile certo. Dichiarazioni Irpef. Il 3° Rapporto oltre ad analizzare i flussi delle contribuzioni sociali ha verificato anche le entrate Irpef che concorrono al finanziamento del welfare italiano, in particolare per assistenza e sanità. Dalle dichiarazioni Irpef 2014 (riferite all’anno 2013) risulta che il 46,5% dei contribuenti (19,079 milioni) ha redditi da zero o negativi fino a 15.000 euro, dichiara solo il 16,20% del totale dei redditi (130 miliardi), per un reddito medio di 6.851 euro (571 euro al mese, meno di un pensionato sociale con integrazione).

L'imposta media pagata è pari a 485 euro per contribuente, ma se si considera il rapporto tra cittadini italiani (60.782.668) e contribuenti (40.989.567), risulta che ogni contribuente ha in carico 1,483 cittadini. Ai 19,079 milioni di dichiaranti fino a 15.000 euro corrispondono quindi 28.295.197 cittadini, e l’imposta media annua pagata pro capite è pari a 327 euro. Per garantire la sola sanità - che costa 1.790 euro pro-capite - occorre che altri contribuenti si accollino un onere di circa 41 miliardi di euro. In queste condizioni il finanziamento del welfare, considerando la sfavorevole situazione demografica analizzata al capitolo 2, si fa assai impegnativo.