2016: l’anno della flessibilità in uscita
Si è svolto alla Camera dei Deputati il convegno di studio e approfondimento “2016: l’anno della flessibilità in uscita. Opinioni e proposte a confronto”, organizzato da Itinerari Previdenziali e Associazione Lavoro & Welfare.
La riforma Monti - Fornero ha fortemente ridotto la flessibilità in uscita, elevato sensibilmente i requisiti per il pensionamento, senza prevedere una fase transitoria. Si sono determinate così una serie di rigidità poco sostenibili sia nella fase attuale sia nel medio lungo periodo, e poco compatibili con il metodo di calcolo contributivo.
Le rigidità riguardano i due canali di uscita verso la pensione: l’anzianità contributiva e l’età di pensionamento, entrambi indicizzati alla speranza di vita. Il risultato è stato di generare instabilità e insicurezza tra i lavoratori e pensionati, oltre al fenomeno degli “esodati” costato più di 10 miliardi di euro.
Come ha illustrato il Prof. Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali, per il triennio 2016-2018 i requisiti richiesti per la pensione anticipata sono stati innalzati a 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne; per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, invece, i requisiti di accesso al pensionamento sono 66 anni e 7 mesi per gli uomini e per le donne del settore pubblico, 65 anni e 7 mesi per le donne del settore privato, 66 anni e 1 mese per le donne del settore autonomo, con un requisito minimo di contribuzione di almeno 20 anni.
Facendo riferimento ai cosiddetti “esodati”, il Professore ha poi spiegato che nella legge di stabilità 2016 è prevista la settima salvaguardia relativa a 26.300 lavoratori, oltre ad altri 5.000 lavorati rimasti esclusi dalle precedenti operazioni di salvaguardia, portando il numero totale a poco più di 200 mila.
La proposta presentata e avanzata alla politica da alcuni tra i più autorevoli esperti in materia pensionistica prevede: - l’eliminazione dell’indicizzazione dell’anzianità contributiva alla speranza di vita, con possibilità di ridurre il requisito a 41 anni senza penalizzazioni e indipendentemente dall’età anagrafica; - la reintroduzione della flessibilità in uscita dal mercato del lavoro, con la possibilità di andare in pensione con 4 anni di anticipo rispetto all’età di pensionamento vigente che potrebbe essere inizialmente indirizzata verso i lavoratori precoci, gli esodati, i disoccupati di lunga durata e le donne.
La proposta, inoltre, riduce le tensioni sociali legate a situazioni di inoccupazione in assenza di redditi, evita di scaricare costi sulle diverse forme di ammortizzatori sociali e rimette in moto il mercato del lavoro, facilitando l’ingresso dei giovani. "Questa proposta è pensata soprattutto per le giovani generazioni, al fine di incentivare la crescita occupazionale e l'inserimento e di trasmettere loro le competenze necessarie per avere il corretto e naturale ricambio generazionale", ha spiegato Damiano. "La flessibilità delle pensioni è una misura di modernizzazione del sistema.
Consentire ai lavoratori che abbiano 35 anni di contributi di anticipare fino a un massimo di 4 anni il momento della pensione, restituisce alla previdenza quel principio di gradualità che le è stato negato al tempo del Governo Monti", prosegue Damiano. "La misura comporta, ovviamente, una penalizzazione (o correttivo attuariale) che noi proponiamo essere del 2% per ogni anno di anticipo: l'8% per 4 anni. Riteniamo che in questo modo il costo dell'uscita anticipata possa essere compensato dai risparmi che derivano da un assegno decurtato fintanto che il lavoratore resterà in pensione".
Baretta ha così commentato: “La flessibilità in uscita consente di ottenere un mix generazionale utile alle imprese italiane poiché permette di gestire processi di riorganizzazione aziendale necessari. L’impianto previdenziale italiano (dalla riforma Dini alla riforma Fornero) non va smontato, è una partita che non siamo in grado di reggere né internamente né con l’Europa".
29 febbraio 2016