Può il welfare costituire un motore per l’economia?
“Può il welfare costituire un motore per l’economia?”: per rispondere a questo interrogativo e stimolare il dibattito Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali, in collaborazione con Percorsi di Secondo Welfare, e con il sostegno di AON e DLA Piper, hanno realizzato un Quaderno di approfondimento che riprende e sviluppa i contenuti del workshop “Il Welfare come motore dell’economia: domiciliarità e servizi alla persona”, che si è tenuto il 12 maggio 2016 a Napoli, in occasione della Giornata Nazionale della Previdenza e del Lavoro.
La risposta è affermativa, a condizione che si uniscano gli sforzi in un “welfare mix” che veda il contributo di Stato, parti sociali e terzo settore al rinnovamento e alla modernizzazione dei sistemi di assistenza.
L’implementazione di nuove e più attuali politiche di welfare, infatti, gioverebbe sia alle aziende, che andando incontro alle esigenze dei dipendenti possono incrementare la produttività, sia allo Stato, che oltre a contenere le spese sanitarie e di welfare pubblico avrebbe ricadute positive sull’occupazione, anche attraverso il potenziamento delle strutture del terzo settore.
Nonostante allo stato attuale ci sia ancora molto da fare, come evidenzia Franca Maino il welfare in azienda può creare un circolo virtuoso fra benessere dei lavoratori e maggiore produttività, ed essere visto come un vero e proprio investimento.
Anche in Italia, da un’idea di assistenza percepita come “dono”, si va progressivamente verso una concezione più moderna, che vede il welfare aziendale meritevole di condivisione paritetica tra le parti per una crescita economica condivisa.
L’ultima legge di Stabilità, definendo la nuova disciplina del premio del risultato e modificando la relativa normativa fiscale, consente infatti di superare il limite della volontarietà, ampliare il paniere dei servizi contemplati (in particolare per la cura dell’infanzia e la non autosufficienza) e favorire lo sviluppo di nuovi strumenti che possano facilitare la diffusione del welfare anche tra le piccole e medie imprese.
Da Tiziana Tafaro sono fornite nel Quaderno indicazioni concrete sulla compatibilità e sui vantaggi dell’utilizzo di parte del premio di produttività per la realizzazione di una copertura di non autosufficienza anche dopo il pensionamento, consentendo altresì il finanziamento ai fondi pensione. Tuttavia, come evidenziato da Alessandro Bugli, Lorenzo Malagola e Gabriele Fava, la nuova regolamentazione “calza” bene per le imprese con oltre 15 dipendenti, mentre restano al palo le microimprese (il 95% del totale) a causa dell’assenza di rappresentanti sindacali e della difficoltà di confezionare i voucher in maniera coerente con i desiderata dei singoli datori e lavoratori. A questa lacuna occorrerà porre rimedio, altrimenti quasi la metà dei dipendenti verrebbe esclusa dai benefici.
Per ottimizzare l’utilizzo del welfare aziendale Claudio Pinna propone un metodo per definire la tipologia delle prestazioni preferite da dipendenti e per la gestione e il monitoraggio delle forme di welfare, evidenziando l’importanza di un corretto modello di governance che consenta di individuare, in maniera chiara, attribuzione di ruoli e responsabilità dei vari fornitori di servizi coinvolti. Come sottolineato da Giulio de Caprariis, infine, una delle priorità del welfare aziendale dovrebbe essere quella di incentivare l’offerta di lavoro femminile, alleggerendo le famiglie dallo svolgimento dei compiti di cura domestica, attraverso il rafforzamento dei servizi per l’infanzia e per la long term care.
Completano il Quaderno alcune case history: Giovanni Valerio illustra la nuova figura dell’ “infermiere di famiglia” quale punto di riferimento per assicurare la continuità assistenziale sia in ambito domiciliare che ambulatoriale e per la promozione di adeguati stili di vita. Daniela Castagno sottolinea l’opportunità di perfezionare, in sinergia con le istituzioni, il welfare di prossimità come sistema aperto capace di ottimizzare risorse e qualità della vita tramite nuove forme di scambio e collaborazioni. Luca del Vecchio rivendica il possibile ruolo-chiave dei fondi sanitari quali erogatori di servizi, e illustra un nuovo progetto per promuovere un modello solidaristico di introduzione del welfare sanitario all’interno di aziende che ancora non dispongono delle risorse per utilizzare questi strumenti.
Placido Putzolu sostiene le potenzialità di un fondo territoriale aperto, a base associativa e a gestione mutualistica, per la definizione di proposte di integrazione economica a sostegno dell’assistenza domiciliare sanitaria e sociosanitaria che si avvalgano delle sinergie fra le società di mutuo soccorso sanitarie e le cooperative sociali.
L’implementazione di nuove e più attuali politiche di welfare, infatti, gioverebbe sia alle aziende, che andando incontro alle esigenze dei dipendenti possono incrementare la produttività, sia allo Stato, che oltre a contenere le spese sanitarie e di welfare pubblico avrebbe ricadute positive sull’occupazione, anche attraverso il potenziamento delle strutture del terzo settore.
Nonostante allo stato attuale ci sia ancora molto da fare, come evidenzia Franca Maino il welfare in azienda può creare un circolo virtuoso fra benessere dei lavoratori e maggiore produttività, ed essere visto come un vero e proprio investimento.
Anche in Italia, da un’idea di assistenza percepita come “dono”, si va progressivamente verso una concezione più moderna, che vede il welfare aziendale meritevole di condivisione paritetica tra le parti per una crescita economica condivisa.
L’ultima legge di Stabilità, definendo la nuova disciplina del premio del risultato e modificando la relativa normativa fiscale, consente infatti di superare il limite della volontarietà, ampliare il paniere dei servizi contemplati (in particolare per la cura dell’infanzia e la non autosufficienza) e favorire lo sviluppo di nuovi strumenti che possano facilitare la diffusione del welfare anche tra le piccole e medie imprese.
Da Tiziana Tafaro sono fornite nel Quaderno indicazioni concrete sulla compatibilità e sui vantaggi dell’utilizzo di parte del premio di produttività per la realizzazione di una copertura di non autosufficienza anche dopo il pensionamento, consentendo altresì il finanziamento ai fondi pensione. Tuttavia, come evidenziato da Alessandro Bugli, Lorenzo Malagola e Gabriele Fava, la nuova regolamentazione “calza” bene per le imprese con oltre 15 dipendenti, mentre restano al palo le microimprese (il 95% del totale) a causa dell’assenza di rappresentanti sindacali e della difficoltà di confezionare i voucher in maniera coerente con i desiderata dei singoli datori e lavoratori. A questa lacuna occorrerà porre rimedio, altrimenti quasi la metà dei dipendenti verrebbe esclusa dai benefici.
Per ottimizzare l’utilizzo del welfare aziendale Claudio Pinna propone un metodo per definire la tipologia delle prestazioni preferite da dipendenti e per la gestione e il monitoraggio delle forme di welfare, evidenziando l’importanza di un corretto modello di governance che consenta di individuare, in maniera chiara, attribuzione di ruoli e responsabilità dei vari fornitori di servizi coinvolti. Come sottolineato da Giulio de Caprariis, infine, una delle priorità del welfare aziendale dovrebbe essere quella di incentivare l’offerta di lavoro femminile, alleggerendo le famiglie dallo svolgimento dei compiti di cura domestica, attraverso il rafforzamento dei servizi per l’infanzia e per la long term care.
Completano il Quaderno alcune case history: Giovanni Valerio illustra la nuova figura dell’ “infermiere di famiglia” quale punto di riferimento per assicurare la continuità assistenziale sia in ambito domiciliare che ambulatoriale e per la promozione di adeguati stili di vita. Daniela Castagno sottolinea l’opportunità di perfezionare, in sinergia con le istituzioni, il welfare di prossimità come sistema aperto capace di ottimizzare risorse e qualità della vita tramite nuove forme di scambio e collaborazioni. Luca del Vecchio rivendica il possibile ruolo-chiave dei fondi sanitari quali erogatori di servizi, e illustra un nuovo progetto per promuovere un modello solidaristico di introduzione del welfare sanitario all’interno di aziende che ancora non dispongono delle risorse per utilizzare questi strumenti.
Placido Putzolu sostiene le potenzialità di un fondo territoriale aperto, a base associativa e a gestione mutualistica, per la definizione di proposte di integrazione economica a sostegno dell’assistenza domiciliare sanitaria e sociosanitaria che si avvalgano delle sinergie fra le società di mutuo soccorso sanitarie e le cooperative sociali.
15 giugno 2016