Industry 4.0 per ammodernare imprese, sistema produttivo e sistema di formazione
L’Industry 4.0, alias la quarta rivoluzione industriale della storia, è ormai realtà. È finalmente entrato nel vivo il dibattito circa la necessità di ammodernare le imprese, il sistema produttivo e il sistema di formazione per poter cogliere le nuove opportunità fornite da questo nuovo cambiamento epocale in atto.
Il governo ha presentato un piano di innovazione che si focalizza su tre direttrici fondamentali:
· incentivi fiscali finalizzati a promuovere un recupero di produttività;
· coinvolgimento e fondi per alcune università per diffondere la nuova manifattura innovativa (le eccellenze individuate dal governo sono i Politecnici di Milano, Torino, Bari, la Scuola Superiore di Sant'Anna di Pisa e l'Università di Bologna);
· potenziamento dell'infrastruttura di comunicazione, ovvero avvio della costruzione della banda ultralarga (6,7 miliardi stanziati per le imprese).
Si tratta di un piano importante e utile. Utile innanzitutto perché finalmente si torna a parlare di politiche di medio termine per l’industria e perché si chiamano a raccolta molti soggetti interessati: le imprese, le associazioni produttive, il sistema formativo, il sindacato, oltre al governo.
“Il pacchetto Industria 4.0 aiuterà le imprese italiane a rilanciare la capacità competitiva attraverso gli investimenti: farà ripartire l'economia” – ha spiegato il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. – “Quello che rischia di bloccare la crescita in Italia ma anche in Europa è proprio la mancanza di investimenti, e noi abbiamo creato un sistema di incentivi destinato a chi investe. Proponiamo un patto di fiducia: noi incentiviamo l'investimento, chiediamo che le industrie facciano la loro parte”.
Sul tema interviene Fondazione Ergo, il primo ente italiano che riunisce Imprese, Sindacati e Università in un progetto di ricerca, formazione e certificazione dei sistemi di organizzazione e misurazione del lavoro e del controllo dei carichi biomeccanici. “L’impressione che si ha, tuttavia” – spiega Sandro Trento, direttore della Fondazione – è che nel dibattito corrente la sfida dell’Industria 4.0 venga ridotta a un problema di acquisto e di utilizzo di ‘nuove macchine’ e a maggiore spesa per la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti. Molta enfasi, viene attribuita infatti agli strumenti di incentivazione come il nuovo iper-ammortamento al 250%, la proroga per un anno delle agevolazioni per gli ammortamenti con un’aliquota al 140%, e altri interventi riguardano le start up, come la detrazione fiscale al 30% per investimenti fino a un milione. Il rischio è che si riduca la sfida della quarta rivoluzione industriale agli aspetti di puro inserimento in azienda di questo o quel nuovo macchinario, siano le stampanti 3D o nuovi sistemi di monitoraggio digitale della produzione”.
La quarta rivoluzione industriale, in realtà, è qualcosa di molto più vasto e complesso. “Le analisi condotte nei paesi più avanzati – continua il Prof. Trento – ci suggeriscono che i risultati dell’Industria 4.0 in termini di produttività, di innovazione, di competitività possono essere colti solo se avvengono almeno tre cambiamenti simultanei: adozione delle nuove tecnologie; cambiamento dei modelli organizzativi e dei processi aziendali; miglioramento significativo della qualità della forza lavoro”.
La semplice introduzione di nuovi macchinari (per quanto avanzati, per quanto intelligenti e auto-controllati) non è sufficiente a trasformare il modo di funzionare delle singole aziende e delle filiere produttive. Vanno ripensati e riprogettati i processi produttivi per favorire la loro interconnessione ed amplificando in tal modo la capacità di miglioramento continuo della produttività. E, dall’altro, per dialogare davvero con tutta la filiera produttiva (fornitori, società di servizio, clienti etc.).
Aggiunge Gabriele Caragnano di Fondazione Ergo: “Uno degli aspetti più interessanti è l’evoluzione del concetto di postazione di lavoro e di lavoratore: nel modello operativo Industry 4.0 si riduce fino ad annullarsi la differenza tra operaio e capo. Il lavoratore è una figura più evoluta (e questo è uno degli elementi più critici della trasformazione), ha molta più discrezionalità decisionale, molto più controllo sulle fasi lavorative. Il modello operativo di fabbrica che nasce con la quarta rivoluzione industriale si basa essenzialmente sulla connessione a Internet (IoT) e sulla capacità di utilizzare la enorme mole di dati raccolti (grazie alle nuove tecnologie) per prendere decisioni molto più rapide e molto più accurate”. Servono quindi modelli organizzativi nuovi, meno verticali, più orientati ai risultati, lavoratori in grado di prendere decisioni, di partecipare attivamente al processo, che deve essere definito e standardizzato. In questa logica il concetto di standard assume un valore assoluto.
La sfida, insomma, è molto più grande che non l’acquisto di una macchina avanzata. “Come Fondazione Ergo – conclude l’Ing. Caragnano – da anni siamo impegnati nell’opera di sensibilizzazione e di diffusione di nuove pratiche aziendali tra le imprese italiane. Abbiamo avviato un programma di certificazione della qualità dell’organizzazione della fabbrica, che è volto proprio a diffondere le nuove pratiche produttive, organizzative e di lavoro. È altresì fondamentale che a fianco dei giusti incentivi all’acquisto delle nuove macchine, e degli investimenti in infrastrutture si avvii al più presto una sensibilizzazione sugli aspetti organizzativi e di formazione”.