Nuovo boom di microimprese alimentari in casa, ma come aprirne una?

Sfornare ciambelloni, biscotti e pasticcini è la vostra passione? Siete fan accaniti di Masterchef e Back Off? Sognate di guadagnare grazie alle vostre creazioni gastronomiche? Lo IAD potrebbe essere la vostra opportunità.

L'acronimo IAD sta per Impresa Alimentare Domestica. Si tratta quindi di avviare, all'interno della propria casa, un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti (rischi e incertezze compresi). Un'opportunità che consente soprattutto alle donne di conciliare gli impegni di lavoro con quelli della cura familiare.

Le piccole imprese alimentari domestiche già attive e gestite da donne sono già 33, presenti soprattutto nel nord Italia (Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige). In queste regioni il dialogo con gli organi competenti preposti è molto più semplice per chi inizia, grazie al fatto che vi sono già IAD avviate. Nelle altre regioni, bisogna essere preparati ad una maggiore difficoltà nel ricevere risposte certe a livello burocratico. Le IAD sono infatti una realtà ancora poco conosciuta in Italia e non esistono ancora linee guida nazionali cui fare riferimento.

In particolare, non è del tutto chiaro se i locali di produzione devono essere diversi da quelli utilizzati per la preparazione di alimenti ad uso familiare o possono invece coincidere (ovvero se si può utilizzare la stessa cucina sia per i pasti di famiglia che per gli alimenti da vendere come microimpresa). Secondo la Regione Piemonte, il locale (cucina familiare e cucina microimpresa) può essere lo stesso a patto che ci sia una valutazione preventiva e quindi un’autorizzazione ufficiale da parte della ASL competente.

Cosa occorre dunque per avviare una IAD?

Oltre ad avere talento per i fornelli ci vuole l'idea giusta!

Mettere su un'impresa richiede un'attenta pianificazione, per evitare errori che potrebbero poi costare cari. Occorre individuare il prodotto (o i prodotti) da mettere in produzione, renderli unici rispetto a quelli della concorrenza, testarli, individuare i bisogni e le necessità della propria nicchia di riferimento, ragionare su un business plan coerente. Non è facile, per chi non sia mai stato imprenditore, individuare e risolvere da solo tutti i punti critici. Può dunque essere una buona idea rivolgersi ad un professionista che possa seguire attraverso dei percorsi personalizzati. A tal proposito interessanti i consigli di  Alessia DEpiro (Personal Business Coach la cui mission è costruire un percorso professionale di successo ritagliato sui  talenti) su Woman Boss Academy .

Sul piano normativo, per l'apertura di una IAD occorre far riferimento al Regolamento CE 852/2004, Allegato II, Capitolo III (igiene dei prodotti alimentari), al Regolamento CE 1169/2011 (etichettatura alimentare) e al Regolamento CE 178/2002 (rintracciabilità degli alimenti).

Occorre inoltre essere iscritti alla Camera di Commercio, avere una Partita IVA ed essere iscritti all’INPS (solo dopo aver aperto la Partita IVA).

Inoltre è richiesta la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), da presentare allo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) del Comune dove sarà svolta l’attività di microimpresa. La ASL di competenza verificherà il possesso e la veridicità dei requisiti della cucina (o dei locali di produzione) dichiarati nel progetto e nella SCIA presentata in Comune e rilascerà il permesso necessario per iniziare a sfornare torte, ciambelloni, biscotti e altri prodotti alimentari con cui iniziare a guadagnare come micro-impresa.