Costo dell'energia: un peso eccessivo per le imprese

I risultati di un’indagine della Camera di Commercio e Artigianato di Varese su 260 imprese: nella crisi, fino al 2013, aumenti fino al 20%. Il 63 per cento ha anche cambiato fornitore, ma con scarsi risultati. Quali possono essere i rimedi?

Negli ultimi cinque anni il 63% delle imprese varesine ha tentato delle strategie di riduzione dei costi energetici: la principale è stata quella di provare a cambiare il fornitore sul mercato libero. I risultati però sono stati poco soddisfacenti e le aziende denunciano aumenti nell’approvvigionamento fino al 20% proprio in un periodo in cui debbono affrontare le avversità di una congiuntura quanto mai aspra. «L’indagine condotta dalla Camera di Commercio nel 2013, su un campione di imprese rappresentative del nostro sistema economico – sottolinea il presidente Renato Scapolan – ci conferma insomma un’amara verità: la questione energetica incide pesantemente sulla competitività delle aziende. Il prezzo a cui acquistano energia è già di per sé ben superiore alla media europea. A questo si aggiungano gli aumenti con cui le imprese hanno dovuto fare i conti perfino in un periodo di crisi pesantissima come quella attuale. Una situazione che è legata in primo luogo al mix energetico del nostro Paese, che si caratterizza per una dipendenza dall’estero superiore all’80%, cui corrisponde una bolletta energetica di oltre 60 miliardi all’anno. Una situazione insostenibile, alla quale occorre porre immediatamente rimedio da parte del mondo politico!».

Entrando nel dettaglio dell’indagine si scopre che per il 34% delle aziende i costi dell’energia incidono tra il 2% e il 5% di quelli totali, mentre per il 46% raggiungono il 2%. In particolare, solo per il 30% delle unità produttive questi costi risultano invariati nell’arco temporale preso in considerazione, e quindi dal 2008 al 2013. È invece del 50,4% la percentuale di chi denuncia incrementi sensibili fino al 20%.

Imprese varesine che non se ne sono state con le mani in tasca: il 63% di loro ha tentato delle strategie di riduzione dei costi d’acquisto: la principale è stata quella di provare a cambiare il fornitore sul mercato libero. Il 42% di quelle che hanno variato, lo ha fatto addirittura tra le due e le quattro volte. La strategia adottata ha portato a un risparmio effettivo? Il 60% dice di sì, ma in termini poco significativi. Il 40% poi non segnala alcuna riduzione dei costi.

Un aspetto molto chiaro che emerge dall’indagine è che una quota delle imprese (6,2%) ha puntato sull’autoproduzione, per lo più attraverso i pannelli fotovoltaici. Anche con l’autoproduzione, però, in ben il 46% dei casi si soddisfano esigenze non superiori al 20% della necessità. Per il resto, l’approvvigionamento dell’energia avviene anche qui attraverso il più tradizionale acquisto sul mercato. Solo 11 imprese del campione hanno invece aderito a un gruppo d’acquisto.

Quali allora le proposte che emergono dalle aziende per sopperire a una situazione comunque di difficoltà? La maggior parte chiede di reintrodurre incentivi e agevolazioni alle rinnovabili. A seguire, la richiesta di aumentare la concorrenza tra i gestori per avere offerte realmente differenziate, ma soprattutto si denuncia la necessità di abbassare i costi riducendo tasse e accise che non trovano alcun motivo di permanenza. Interessante è anche la percentuale di chi chiede di ricevere maggiori informazioni sulle diverse soluzioni di approvvigionamento e di ottenere un supporto per affrontare i costi legati all’analisi per cercare soluzioni sul miglioramento e la certificazione del sistema energetico aziendale. «Il tutto ci porta – riprende il presidente Scapolan – a una riflessione fondamentale: l’energia è per le imprese di produzione, che sono lo zoccolo duro del sistema economico italiano, un costo impossibile da sostenere, se si vuole rientrare nella competitività globale dei beni fabbricati».

 

A seguire le tabelle con alcuni risultati dell’indagine